Daniel Ek, Ceo di Spotify: “Puntiamo a un miliardo di abbonati”

Stoccolma - «Il prossimo obiettivo? Un miliardo di abbonati». Serafico, apparentemente rilassato, Daniel Ek non nasconde le proprie ambizioni mentre parla ai giornalisti del futuro dell’azienda che ha creato ormai 19 anni fa, delle sue prospettive di crescita, della battaglia con Apple e poi, ancora, dei rischi e opportunità derivanti dall’AI. Del resto, gioca in casa: siamo a Stoccolma, nel quartier generale del colosso tech europeo, dove si svolge Open House 2025, l’incontro annuale tra il management global e la stampa. «Credo che in un futuro non troppo lontano una gran parte della popolazione mondiale potrebbe essere cliente premium di Spotify» aggiunge, chiarendo subito dopo che non c’è una vera e propria scadenza, ma che questa è la prossima grande “milestone”. Intanto Spotify può contare su 678 milioni di utenti con 268 milioni di abbonati di cui 100 milioni solo in Europa. Quel che si dice essere sulla buona strada.
Riguardo alla battaglia con Apple, Ek non usa mezzi termini: forte della sanzione antitrust che l'UE ha imposto al colosso americano per le pratiche anticoncorrenziali contro la sua azienda (e che includono una multa record da 1,8 miliardi di euro), il CEO accusa l'azienda statunitense di temporeggiare troppo nell’adeguarsi al Digital Markets Act (DMA) dell'Unione Europea, la normativa volta a garantire una concorrenza leale nel mercato digitale. «Apple cerca di cogliere ogni opportunità possibile per eludere qualsiasi cosa qualsiasi governo o tribunale dica in qualsiasi Paese, è il loro modus operandi", taglia corto Ek. Pur riconoscendo l'importanza del DMA come strumento di garanzia per un mercato più aperto e libero, il CEO di Spotify sottolinea come certi ritardi nella sua applicazione rappresentino ancora un ostacolo alla crescita della sua come di molte altre aziende. L'auspicio è che un mercato più aperto possa sbloccare ulteriori innovazioni a vantaggio di consumatori e creatori, come ad esempio la possibilità (già implementata negli USA) di vendere audiolibri direttamente dalla piattaforma, precedentemente ostacolata dalle commissioni del 30% imposte da Apple attraverso il suo App Store.
Parlando del Vecchio Continente non solo come arbitro, ma anche come mercato ed ecosistema dell’innovazione, Daniel Ek condivide tuttavia una visione ottimistica e si dice «più entusiasta che mai dell'Europa come luogo da cui costruire aziende». Poi aggiunge: «Credo che le manchi la fiducia nelle proprie capacità, eppure da quello che vedo è molto ben posizionata, piena di giovani talenti imprenditoriali e di aziende davvero interessanti in settori come il FinTech o il ClimaTech». La preoccupazione, tuttavia, rimane quella di un ecosistema digitale ancora dominato da pochi "guardiani" che potrebbero ostacolare la crescita delle nuove realtà europee. Una battaglia per un "Internet aperto" che il CEO di Spotify dice di voler continuare a combattere.
Con una piattaforma di dimensioni globali e quasi 700 milioni di utenti, Spotify si trova oggi a dover affrontare alcuni problemi tipici di un’azienda che ha “scalato”, come il controllo dei contenuti che vengono pubblicati per intercettare quelli generati con l’AI al limite della legalità o dell'etica, o per evitare la diffusione di podcast che potrebbero veicolare disinformazione o promuovere prodotti dannosi (inclusi quelli che contengono Fentanyl, come è già accaduto). A tal proposito, Ek ammette che si tratta di “un gioco del gatto col topo". «Abbiamo delle policy della piattaforma che pubblichiamo per creatori e consumatori e ogni volta che scopriamo abusi prendiamo provvedimenti. Spotify impiega un considerevole team di "trust and safety" e sfrutta la stessa intelligenza artificiale per individuare ed eliminare questi contenuti anche prima che appaiano sulla piattaforma». Tuttavia, la facilità con cui oggi grazie all'IA si possono generare grandi quantità di contenuti fake, rende il compito abbastanza arduo.
Riguardo poi all'uso di IA per creare musica impersonando artisti inesistenti, Ek ribadisce che «è contro le policy della piattaforma» e che l'azienda è piuttosto efficiente nel rimuovere i casi di plagio palese. Più sfumata la questione della musica creata con il supporto dell'IA: «Ci sono anche molte forme di usi legittimi dell'IA - afferma Ek - dove c'è un vero cantautore che utilizza questa tecnologia per migliorare il suo lavoro» e dove è più difficile distinguere il contenuto fake da eliminare da quello che in realtà è una nuova forma di creatività abilitata dall’AI. «L’intelligenza artificiale cambierà il significato stesso dei termini musica e artista».
La Repubblica